Alda Merini nacque a Milano il 21 marzo 1931 da una famiglia di modeste condizioni sociali. Alda Merini da giovane
Nonostante ciò la giovane, grazie al suo mentore Giacinto Spagnoletti, esordì come autrice a soli 15 anni.
Nel 1947 a 16 anni, mostrò i suoi primi sintomi di malattia mentale e trascorse un mese presso la clinica Villa Turro di Milano. Le venne diagnosticato il bipolarismo, una patologia caratterizzata da una alternanza anomala fra eccitamento, euforia e depressione.
L’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti ne aggravarono i sintomi e il decorso della malattia.
I pazienti affetti da questi disturbi sono spesso spregiudicati, ingestibili e deliranti.
Alda smise di scrivere per due decenni a causa del deterioramento della sua salute mentale. Nel 1965 il marito Ettore Carniti la fece internare nell'Ospedale Psichiatrico "Paolo Pini" a causa di un esaurimento. Nel 1979 Alda uscì dall’ospedale e ricominciò a scrivere e le sue poesie furono influenzate dalla drammatica e dolorosa esperienza vissuta negli istituti psichiatrici.
Nell’opera letteraria che si intitola: “L’altra verità. Diario di una diversa”, Alda Merini racconta, a modo suo, i suoi terribili anni trascorsi in manicomio.
Il “Diario” è soprattutto un viaggio sentimentale, dominato da una forte componente emotiva che si sviluppa attraverso una prosa lirica.
Merini entrò negli istituti con l'animo ancora innocente, ma ne uscì completamente cambiata. La poetessa sperimentò sulla propria pelle, orribili torture tra cui la privazione di ogni libertà, la pratica di procedure mediche invasive come l'elettroshock e più di tutte l’umiliazione, essendo tanto pudica, di doversi spogliare davanti a tutti per essere lavata con l’acqua fredda. Inoltre gli effetti personali venivano ritirati, i pazienti diventavano un numero e vigeva l’obbligo di portare un’uniforme.
Questo trattamento, degno di un lager, venne affrontato con coraggio.
Leggendo il "Diario" si ha infatti la sensazione di entrare in una sorta di inferno dantesco, tanta è la sofferenza e le vite spezzate che si incontrano. Persone ridotte a oggetti, denudate e rivestite di camicie anonime, private delle libertà più elementari.
La poetessa imparò a godere della libertà del suo spirito e ad amare ancora la vita e la pura percezione di ogni cosa esistente. Ne è un esempio la passione amorosa della Merini con un paziente, Pierre.
Sono tanti i momenti in cui la Merini parla della solitudine e del silenzio del manicomio. Un silenzio grave ed ingombrante, spezzato a volte solo dalle grida penetranti di qualche donna legata al proprio letto con fascette a polsi e caviglie. Solo in particolari occasioni i cancelli venivano aperti e i malati potevano uscire in giardino.
Dalla metà degli anni Novanta Alda ebbe collaborazioni artistiche eterogenee e godette di grande popolarità: alcuni dei suoi testi sono diventati canzoni, alcuni dei suoi libri furono illustrati e completati da disegni.
Nel 1988 scrisse “A tutte le donne”: come dice il titolo stesso, questa poesia è dedicata a tutte le donne.
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra (..)
e innalzi il tuo canto d’amore
La poetessa descrive la donna come una creatura bella ma fragile, che ha segnato la storia.
Racconta di una donna vista sempre di cattivo occhio dall'uomo a causa del peccato originario causato da Eva, ma che ha sempre lottato per affermarsi, per far capire a tutti quanto valga.
Ha sofferto molto per amore e piange ancora per ogni delusione e sofferenza, ma quando vede i suoi figli, il suo cuore si riempie di amore e scorda ogni problema. Si sente come la "Terra" che ha donato la vita.