A Luino il Carnevale è ambrosiano, di conseguenza termina il sabato, dando inizio di domenica alla Quaresima, appena cominciata.
La mia classe, la 2^D, sulla base di una ricerca svolta su varie maschere della Commedia dell’Arte, vuole raccontarvene alcune, trattenendovi ancora un istante nel Carnevale.
Che cos’è la Commedia dell’Arte?
La Commedia dell’Arte è molto particolare, infatti agli attori che interpretavano i personaggi di scena veniva dato solo un piccolo copione con qualche indicazione generica, il canovaccio, ma tutto il resto della performance sul palco era completa e pura improvvisazione!
Capitan Spaventa
Capitan Spaventa di Valli di Inferna è un personaggio teatrale della Commedia dell’Arte nata nel XVI secolo in Italia. Capitan Spaventa è la maschera tipica della Liguria, originaria di Genova.
Capitan Spaventa è un soldato (al contrario di ciò che si potrebbe pensare) sognatore, fantasioso, colto, raffinato e anche un po’ ambizioso; sempre in rivalità con lo sbruffone Capitan Matamoros, menzognero pseudo-napoleonico sempre intento a vantarsi di imprese temerarie mai compiute (maschera tipica di Bologna).
Il suo aspetto è ben curato, composto ed elegante: un paio di baffi pettinati, un lungo naso e un grande cappello adornato di colorate piume, inoltre una spada lunga a dismisura e un mantello anch'esso addobbato con piume. I colori che di questo simpatico ufficiale sono il rosso, il giallo e il nero del suo abito.
Capitan Spaventa, come molte altre maschere della Commedia dell’Arte, è spesso rappresentato nei teatrini di strada come burattino; questo perché i bambini, si raccoglievano nelle piazze per vedere il “piccolo spettacolo”. La tradizione è rimasta fino ai giorni nostri, in particolare in Liguria.
(Filippo Baldioli)
Stenterello
È una maschera tipica di Firenze, nata nel XVIII secolo. A scegliere il suo nome è proprio il pubblico, infatti indica colui che “pare cresciuto a stento”, da qui Stenterello. Il suo carattere e il suo modo di vestire rispecchiano il classico modello toscano: chiacchierone, pronto alla battuta e molto furbo, indossa calzini di diverso colore, pantaloni corti e stretti, un panciotto a pallini, giacca blu con risvolti a scacchi rossi e neri, un cappello a barchetta e una parrucca col codino.
(Alessia Riccio)
La mia classe, la 2^D, sulla base di una ricerca svolta su varie maschere della Commedia dell’Arte, vuole raccontarvene alcune, trattenendovi ancora un istante nel Carnevale.
Che cos’è la Commedia dell’Arte?
La Commedia dell’Arte è molto particolare, infatti agli attori che interpretavano i personaggi di scena veniva dato solo un piccolo copione con qualche indicazione generica, il canovaccio, ma tutto il resto della performance sul palco era completa e pura improvvisazione!
Capitan Spaventa
Capitan Spaventa di Valli di Inferna è un personaggio teatrale della Commedia dell’Arte nata nel XVI secolo in Italia. Capitan Spaventa è la maschera tipica della Liguria, originaria di Genova.
Capitan Spaventa è un soldato (al contrario di ciò che si potrebbe pensare) sognatore, fantasioso, colto, raffinato e anche un po’ ambizioso; sempre in rivalità con lo sbruffone Capitan Matamoros, menzognero pseudo-napoleonico sempre intento a vantarsi di imprese temerarie mai compiute (maschera tipica di Bologna).
Il suo aspetto è ben curato, composto ed elegante: un paio di baffi pettinati, un lungo naso e un grande cappello adornato di colorate piume, inoltre una spada lunga a dismisura e un mantello anch'esso addobbato con piume. I colori che di questo simpatico ufficiale sono il rosso, il giallo e il nero del suo abito.
Capitan Spaventa, come molte altre maschere della Commedia dell’Arte, è spesso rappresentato nei teatrini di strada come burattino; questo perché i bambini, si raccoglievano nelle piazze per vedere il “piccolo spettacolo”. La tradizione è rimasta fino ai giorni nostri, in particolare in Liguria.
(Filippo Baldioli)
Stenterello
È una maschera tipica di Firenze, nata nel XVIII secolo. A scegliere il suo nome è proprio il pubblico, infatti indica colui che “pare cresciuto a stento”, da qui Stenterello. Il suo carattere e il suo modo di vestire rispecchiano il classico modello toscano: chiacchierone, pronto alla battuta e molto furbo, indossa calzini di diverso colore, pantaloni corti e stretti, un panciotto a pallini, giacca blu con risvolti a scacchi rossi e neri, un cappello a barchetta e una parrucca col codino.
(Alessia Riccio)
Farinella
La maschera di Farinella è pugliese, nasce negli anni Cinquanta ed è
la maschera più amata del carnevale di Putignano. Il suo nome molto particolare deriva dalla farina di Putignano. La maschera di Farinella, simboleggia uno spirito molto giocoso, spensierato e scherzoso. Il suo abito, porta i colori rossi e blu della città e un cappello con tre punte, ognuna delle quali simboleggiava un colle sul quale era stato costruito il borgo di putignano, appunto. Una curiosità? In onore di questa maschera è stata realizzata una canzone, “La Quadriglia di Farinella”, proprio per la festa del carnevale e per l’accompagnamento dei carri…
(Martina Russo)
Gianduja
Gianduja nasce a Torino a fine Settecento, da due burattinai. In origine il nome della maschera era Gerolamo, ma quando Napoleone assunse il potere, per evitare il richiamo al fratello Gerolamo Bonaparte, esso fu cambiato con l’attuale. E così divenne Gianduja, che deriva dall’espressione piemontese «Gioan d’la douja» (Giovanni del boccale). Questa maschera è legata al territorio astigiano, in particolare alla città di Callianetto. Secondo la tradizione, Gianduja sfoggia una parrucca con il codino rivolto all’insù. Indossa una giacca marrone orlata di rosso, il suo panciotto invece è giallo, i calzoni gli arrivano al ginocchio, infine calze rosse e scarpe con una fibbia di ottone. Il personaggio rappresenta i contadini un po’ rozzi, pettegoli ma generosi. Spesso viene rappresentato con un calice di vino poiché ama berlo. Si racconta che sia molto distratto. Gianduja è sposato con Giacometta, che incarna la saggezza delle donne piemontesi, in grado di risolvere anche le situazioni più ardue. Un aneddoto racconta che nel Carnevale del 1865, a Torino, proprio la maschera di Gianduja distribuì leccornie con burro di cacao, zucchero, crema di nocciola delle Langhe e cacao, da cui deriva il Gianduiotto!
(Zoe Romano)
Arlecchino
La storia di Arlecchino è molto bella, si narra infatti che molti anni fa c’era un bambino povero, chiamato Arlecchino, che viveva con la sua mamma in una misera casetta. In una scuola di Bergamo per Carnevale, la maestra organizzò una bella festa e propose a tutti i bambini di vestirsi in maschera. Arlecchino era triste perché la madre, vedova e povera, non poteva comprare la stoffa per il suo vestito. Le mamme degli amici di Arlecchino le regalarono allora i loro avanzi di stoffa, così la mamma di Arlecchino poté cucirgli il vestito. La mattina del Martedì grasso, quando Arlecchino entrò in classe lo accolsero con un fragoroso applauso perché il suo vestito, non solo era il più bello ma anche il più originale.
(Alessandra Ferro)
Pulcinella
Pulcinella è la maschera di Napoli, una delle più popolari e antiche.
Già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con l’arrivo del Cristianesimo, la maschera di Pulcinella è risorta nel Cinquecento con la Commedia dell’Arte e da allora è una delle più amate del Carnevale, insieme ad Arlecchino.
Pulcinella è pigro, ironico, opportunista, sfrontato e chiacchierone. Ha un’insaziabile voracità ed è sempre alla ricerca di cibo: per un piatto di maccheroni è disposto a tutto, rubare, mentire, imbrogliare e prendere bastonate.
Pulcinella è di poche parole, un po’ goffo, ma sempre in movimento, alla ricerca di espedienti per sfuggire alla prevaricazione e all’avarizia di ricchi e potenti.
Il colore del suo costume - pantaloni e ampia camicia - è il bianco, con una maschera nera con naso lungo e adunco e un cappello, sempre di stoffa bianca.
Il nome di Pulcinella deriva con ogni probabilità dal napoletano “pollicino”, che significa pulcino, e si riferisce al timbro della sua voce.
L’espressione “il segreto di Pulcinella”, indica appunto un segreto che non è più tale, riferendosi ad una caratteristica di questa maschera: infatti non riesce mai a tacere e a tenere un segreto a lungo.
(Giulia Mauri)
Giangurgolo
La maschera di Giangurgolo ha origini incerte ma fonti letterarie dicono che sarebbe nata a Napoli nel 1618. La maschera è nata da una persona esistita realmente e, dal punto di vista etimologico, significherebbe “Gianni l’ingordo” per la sua caratteristica distintiva: l’ingordigia. Questa maschera era usata per mettere in ridicolo i cavalieri siciliani “spagnoleggianti“. Ha un naso e una spada enormi, indossa un cappello a cono, un corpetto stretto e dei pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse (i colori d’Aragona), che rappresentano appunto uno scherzo della città verso i dominatori aragonesi e spagnoli. Giangurgolo appare come un uomo ricco, gradasso e spavaldo: vuole il rispetto senza darne alle persone più umili mentre davanti a un possibile minaccia ha atteggiamenti di sottomissione e di umiltà.
(Ambra Leoni)
Zanni
Lo Zanni era un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, in seguito diventa uma maschera della Commedia dell’Arte. Il nome Zanni ha origine da Gianni: nome molto diffuso nella campagna veneto-lombarda da cui veniva la maggior parte dei servitori dei nobili e dei ricchi mercanti veneziani. È il personaggio del servo per eccellenza, imbroglione e furbo oppure pasticcione sciocco. Gianni è legato alla terra, alla vita rurale, dal carattere grezzo e volgare del contadino. Esistono due tipi di zanni: quello astuto e veloce a giocare brutti tiri al padrone, se non alle donne o serve con le quali tenta subito di accoppiarsi. Questo zanni é anche aggressivo e con la parlantina sciolta, diventando subito violento e manesco, anche con le donne. Poi abbiamo lo zanni più lento, ignorante e quasi incapace di formulare un concetto. Ciononostante lo zanni appare sempre spassoso e divertente: le sue caratteristiche principali sono lamentarsi in continuazione, in particolare essere affamato e supplicante come un barbone (Arlecchino e Pulcinella).
(Nour Fraj Louati)
Capitan Matamoros
Capitan Matamoros, creato nel Quattrocento,è una maschera della Commedia dell'Arte proveniente da Bologna, la sua origine risale al "Miles Gloriosus" di Plauto e ai numerosi soldati di ventura che percorrevano il territorio italiano.
Egli personifica il soldato sbruffone, che si vanta di imprese che in realtà non ha mai compiuto, essendo poco coraggioso, è un'evidente caricatura, infatti viene spesso messo in difficoltà dagli altri e reso ridicolo per la sua smania di millantare imprese mai compiute.
Il costume col quale viene raffigurato è caratterizzato da colori sgargianti, barba e baffi imponenti, un cappello enorme e carico di piume e una spada smisurata, che penzola su un fianco, impacciando continuamente i suoi movimenti.
(Gabriele Felappi)
Mirandolina
Mirandolina è la protagonista della commedia di Carlo Goldoni intitolata “La locandiera“, del 1753. Mirandolina gestisce una locanda a Firenze e riesce a fare innamorare di sé personaggi nobili e borghesi. Mirandolina si applica tutta la sua abilità nella seduzione: ha un carattere forte e volitivo, espressione di sicurezza del potere delle donne.
(Sabrina Larhrib)
La maschera di Farinella è pugliese, nasce negli anni Cinquanta ed è
la maschera più amata del carnevale di Putignano. Il suo nome molto particolare deriva dalla farina di Putignano. La maschera di Farinella, simboleggia uno spirito molto giocoso, spensierato e scherzoso. Il suo abito, porta i colori rossi e blu della città e un cappello con tre punte, ognuna delle quali simboleggiava un colle sul quale era stato costruito il borgo di putignano, appunto. Una curiosità? In onore di questa maschera è stata realizzata una canzone, “La Quadriglia di Farinella”, proprio per la festa del carnevale e per l’accompagnamento dei carri…
(Martina Russo)
Gianduja
Gianduja nasce a Torino a fine Settecento, da due burattinai. In origine il nome della maschera era Gerolamo, ma quando Napoleone assunse il potere, per evitare il richiamo al fratello Gerolamo Bonaparte, esso fu cambiato con l’attuale. E così divenne Gianduja, che deriva dall’espressione piemontese «Gioan d’la douja» (Giovanni del boccale). Questa maschera è legata al territorio astigiano, in particolare alla città di Callianetto. Secondo la tradizione, Gianduja sfoggia una parrucca con il codino rivolto all’insù. Indossa una giacca marrone orlata di rosso, il suo panciotto invece è giallo, i calzoni gli arrivano al ginocchio, infine calze rosse e scarpe con una fibbia di ottone. Il personaggio rappresenta i contadini un po’ rozzi, pettegoli ma generosi. Spesso viene rappresentato con un calice di vino poiché ama berlo. Si racconta che sia molto distratto. Gianduja è sposato con Giacometta, che incarna la saggezza delle donne piemontesi, in grado di risolvere anche le situazioni più ardue. Un aneddoto racconta che nel Carnevale del 1865, a Torino, proprio la maschera di Gianduja distribuì leccornie con burro di cacao, zucchero, crema di nocciola delle Langhe e cacao, da cui deriva il Gianduiotto!
(Zoe Romano)
Arlecchino
La storia di Arlecchino è molto bella, si narra infatti che molti anni fa c’era un bambino povero, chiamato Arlecchino, che viveva con la sua mamma in una misera casetta. In una scuola di Bergamo per Carnevale, la maestra organizzò una bella festa e propose a tutti i bambini di vestirsi in maschera. Arlecchino era triste perché la madre, vedova e povera, non poteva comprare la stoffa per il suo vestito. Le mamme degli amici di Arlecchino le regalarono allora i loro avanzi di stoffa, così la mamma di Arlecchino poté cucirgli il vestito. La mattina del Martedì grasso, quando Arlecchino entrò in classe lo accolsero con un fragoroso applauso perché il suo vestito, non solo era il più bello ma anche il più originale.
(Alessandra Ferro)
Pulcinella
Pulcinella è la maschera di Napoli, una delle più popolari e antiche.
Già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con l’arrivo del Cristianesimo, la maschera di Pulcinella è risorta nel Cinquecento con la Commedia dell’Arte e da allora è una delle più amate del Carnevale, insieme ad Arlecchino.
Pulcinella è pigro, ironico, opportunista, sfrontato e chiacchierone. Ha un’insaziabile voracità ed è sempre alla ricerca di cibo: per un piatto di maccheroni è disposto a tutto, rubare, mentire, imbrogliare e prendere bastonate.
Pulcinella è di poche parole, un po’ goffo, ma sempre in movimento, alla ricerca di espedienti per sfuggire alla prevaricazione e all’avarizia di ricchi e potenti.
Il colore del suo costume - pantaloni e ampia camicia - è il bianco, con una maschera nera con naso lungo e adunco e un cappello, sempre di stoffa bianca.
Il nome di Pulcinella deriva con ogni probabilità dal napoletano “pollicino”, che significa pulcino, e si riferisce al timbro della sua voce.
L’espressione “il segreto di Pulcinella”, indica appunto un segreto che non è più tale, riferendosi ad una caratteristica di questa maschera: infatti non riesce mai a tacere e a tenere un segreto a lungo.
(Giulia Mauri)
Giangurgolo
La maschera di Giangurgolo ha origini incerte ma fonti letterarie dicono che sarebbe nata a Napoli nel 1618. La maschera è nata da una persona esistita realmente e, dal punto di vista etimologico, significherebbe “Gianni l’ingordo” per la sua caratteristica distintiva: l’ingordigia. Questa maschera era usata per mettere in ridicolo i cavalieri siciliani “spagnoleggianti“. Ha un naso e una spada enormi, indossa un cappello a cono, un corpetto stretto e dei pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse (i colori d’Aragona), che rappresentano appunto uno scherzo della città verso i dominatori aragonesi e spagnoli. Giangurgolo appare come un uomo ricco, gradasso e spavaldo: vuole il rispetto senza darne alle persone più umili mentre davanti a un possibile minaccia ha atteggiamenti di sottomissione e di umiltà.
(Ambra Leoni)
Zanni
Lo Zanni era un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, in seguito diventa uma maschera della Commedia dell’Arte. Il nome Zanni ha origine da Gianni: nome molto diffuso nella campagna veneto-lombarda da cui veniva la maggior parte dei servitori dei nobili e dei ricchi mercanti veneziani. È il personaggio del servo per eccellenza, imbroglione e furbo oppure pasticcione sciocco. Gianni è legato alla terra, alla vita rurale, dal carattere grezzo e volgare del contadino. Esistono due tipi di zanni: quello astuto e veloce a giocare brutti tiri al padrone, se non alle donne o serve con le quali tenta subito di accoppiarsi. Questo zanni é anche aggressivo e con la parlantina sciolta, diventando subito violento e manesco, anche con le donne. Poi abbiamo lo zanni più lento, ignorante e quasi incapace di formulare un concetto. Ciononostante lo zanni appare sempre spassoso e divertente: le sue caratteristiche principali sono lamentarsi in continuazione, in particolare essere affamato e supplicante come un barbone (Arlecchino e Pulcinella).
(Nour Fraj Louati)
Capitan Matamoros
Capitan Matamoros, creato nel Quattrocento,è una maschera della Commedia dell'Arte proveniente da Bologna, la sua origine risale al "Miles Gloriosus" di Plauto e ai numerosi soldati di ventura che percorrevano il territorio italiano.
Egli personifica il soldato sbruffone, che si vanta di imprese che in realtà non ha mai compiuto, essendo poco coraggioso, è un'evidente caricatura, infatti viene spesso messo in difficoltà dagli altri e reso ridicolo per la sua smania di millantare imprese mai compiute.
Il costume col quale viene raffigurato è caratterizzato da colori sgargianti, barba e baffi imponenti, un cappello enorme e carico di piume e una spada smisurata, che penzola su un fianco, impacciando continuamente i suoi movimenti.
(Gabriele Felappi)
Mirandolina
Mirandolina è la protagonista della commedia di Carlo Goldoni intitolata “La locandiera“, del 1753. Mirandolina gestisce una locanda a Firenze e riesce a fare innamorare di sé personaggi nobili e borghesi. Mirandolina si applica tutta la sua abilità nella seduzione: ha un carattere forte e volitivo, espressione di sicurezza del potere delle donne.
(Sabrina Larhrib)