Ottanta volte il 25 aprile

Quando ero io tra la quarta e la quinta, il nostro progetto di alternanza scuola-lavoro era stato scrivere un pezzo teatrale sulla Resistenza nelle nostre zone. Il “fortunato” protagonista era stato Elvio Copelli, partigiano realmente esistito e ucciso alla Gera dalle truppe nazifasciste. Mi ricordo molto bene cosa ho provato quando ho scritto i suoi dialoghi con un altro personaggio realmente esistito e con Beatrice, la sua fidanzata immaginata dalla nostra classe all’epoca. Crescendo, negli anni del liceo e dopo, ho cercato di capire la Storia, a partire da quella più recente del Novecento. Mi ha sempre affascinato la Prima Guerra Mondiale e il suo collegamento con la Seconda e poi il passaggio alla Prima Repubblica. Negli anni però ho notato che, purtroppo, tutto ciò che ha portato all’inizio del secondo conflitto mondiale e alla sua fine in Italia, ovvero il fascismo e la Resistenza, sono diventati dei temi divisivi e non di unità. Non voglio fare politica, ma questa cosa che dovrebbe unire
ormai divide, c’è una parte dei nostri rappresentanti che, invece di prendere posizione, trova ogni volta una scusa per non schierarsi, per non condannare apertamente lo schifo che è stato e che potrebbe essere di nuovo il Ventennio, ed è appunto qualcosa che, più che paura, mi fa schifo. Anche quest’anno, pur di provare a limitare le celebrazioni, è stata trovata una scusa, la morte del Papa. Con tutto il rispetto per un morto, da parte di un governo che si proclama patriota e sovranista mi sarei aspettato che venisse data più importanza alla Liberazione della nostra Italia invece che ai funerali di quello che alla fine dovrebbe essere visto solo come il monarca di uno Stato estero. Oggi a Laveno, dove abito, ho visto purtroppo anche un eccesso dalla parte politica opposta, ovvero bandiere di partito in piazza durante le celebrazioni. Dal loro lato mi viene da ridere: la Liberazione è di tutti, dalla destra alla sinistra, nessuno escluso. Gli unici esclusi sono i fascisti, per loro la nostra Costituzione non lascia spazio. Le altre divisioni però non devono esistere, almeno per oggi. Ricordiamoci sempre che, dall’altra parte del lago, ci sono stati gruppi di partigiani che sono morti per permettere a me di essere qui a scrivere e a chi vorrà di leggere. Ho scoperto forse troppo tardi che in quei gruppi ha militato anche quello che è stato per quasi tutta la mia vita il mio vicino di casa, Olindo Cardani. La sua storia la racconta anche un libro scritto dal professor Tosi e da sua moglie, Greta Bienati. Se lo trovate, leggetelo e cercate di vedere perché è importante definirsi, oggi come cento anni fa, antifascisti.

Federico Grilli