Intervista al curatore della suggestiva mostra “Il tesoro di Maccagno imperiale. Un restauro di eccezione per celebrare i 400 anni della Zecca”, Federico Crimi, responsabile delle attività culturali del “Civico Museo Parisi Valle” di Maccagno. L’esposizione rimarrà aperta fino al 10 aprile, il venerdì pomeriggio (14.30-18.30) e il sabato e domenica (10.00-12.00; 14.30-18.30).
Mario: Come nasce l’idea dell’ultima mostra sulla Zecca di Maccagno?
Federico: L'idea nasce dalla ricorrenza dei 400 anni dal diploma imperiale di Ferdinando II, che concedeva a Maccagno Inferiore il diritto di battere moneta in apposita Zecca e nel contesto dei privilegi di cui il minuscolo borgo godeva come "feudo imperiale e terra per sé" almeno dai primi decenni del Duecento.
M.: Con quali enti e istituzioni ha collaborato per la realizzazione della mostra?
F.: Siamo particola orgogliosi di aver avviato una proficua collaborazione con l'archivio diocesano di Como, che ha concesso in prestito un prezioso diploma imperiale relativo alla Zecca del 1637; ma non meno contenti dei risultati raggiunti grazie alla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e al Ministero della Cultura per il restauro di un dipinto del 1729 proveniente dalla chiesa parrocchiale di Maccagno Inferiore ed esposto in mostra.
M.: In questo periodo i visitatori sono stati più turisti o più cittadini della zona?
F.: D'estate il flusso dei turisti è forte, tanto che il museo offre sempre materiale in lingua tedesca e inglese. Nelle mostre invernali la provenienza dei visitatori si racchiude in un cerchio compreso tra il lago Maggiore, la provincia di Varese e il Canton Ticino. In ogni caso, è maggiore la provenienza da fuori rispetto ai cittadini della zona.
M.: Ci parli dei progetti futuri del Museo (mostre e iniziative).
F.: La prossima mostra sarà dedicata al professionista che nel 1977 ha disegnato il museo, una delle principali figure dell'architettura moderna in Italia: Maurizio Sacripanti. E anticipiamo qui che sarà l'occasione per collaborazioni di alto profilo con istituzioni culturali di Roma, da dove proveniva l'architetto. In futuro crediamo in progetti che siano in grado di restituire al museo, come contenuto e come contenitore, il prestigio che merita.
M.: Ha realizzato delle ricerche personali sulla zecca di Maccagno?
F.: La zecca di Maccagno è stata oggetto di studi approfonditi da parte di Luca Gianazza, che ha collaborato attivamente alla mostra. Inoltre, ci si è avvalsi delle ricerche condotte per una precedente mostra del 2003 da Carlo Alessandro Pisoni.
M.: Come i Mandelli sono riusciti a ottenere la regalia di stampare monete, nonostante la leggenda dell’imperatore salvata dalla tempesta a questo punto sia da considerare solo un mito?
F.: Domanda difficilissima e molto tecnica. Ed è uno dei ragionamenti messi a fuoco in questa mostra. Il tutto nasce nel 1536, quando i Mandelli riescono a ottenere da Carlo V il diritto di tenere mercato (prima, dunque, di Luino!). L'imperatore in quell'occasione rinnova anche i diritti sul feudo senza una verifica accurata dei privilegi presentati dai Mandelli. Data la buona e forse inaspettata riuscita dell'operazione, la famiglia decide di riorganizzare le carte nella speranza di ambire a traguardi sempre più alti. Anche a costo di produrre falsi privilegi e a far scivolare nella leggenda l'origine del dominio su Maccagno. La strada imboccata era giusta perché nel 1622, oltre al diritto di conio, Giacomo III Mandelli ottiene anche il titolo di conte del Sacro Romano Impero.
M.: Come era possibile che una zecca legale coniasse monete di peso e lega non conformi alla normativa, senza incorrere in pesanti sanzioni?
F.: Era una prassi consolidata che consentiva alle zecche minori di sopravvivere anche in virtù della distanza e del mancato controllo dell'autorità Imperiale e, nel caso specifico di Maccagno, dalla distanza dei mercati sulle quali venivano messi in circolazione i falsi: tra Coira e i Paesi Bassi.
Mario: Come nasce l’idea dell’ultima mostra sulla Zecca di Maccagno?
Federico: L'idea nasce dalla ricorrenza dei 400 anni dal diploma imperiale di Ferdinando II, che concedeva a Maccagno Inferiore il diritto di battere moneta in apposita Zecca e nel contesto dei privilegi di cui il minuscolo borgo godeva come "feudo imperiale e terra per sé" almeno dai primi decenni del Duecento.
M.: Con quali enti e istituzioni ha collaborato per la realizzazione della mostra?
F.: Siamo particola orgogliosi di aver avviato una proficua collaborazione con l'archivio diocesano di Como, che ha concesso in prestito un prezioso diploma imperiale relativo alla Zecca del 1637; ma non meno contenti dei risultati raggiunti grazie alla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e al Ministero della Cultura per il restauro di un dipinto del 1729 proveniente dalla chiesa parrocchiale di Maccagno Inferiore ed esposto in mostra.
M.: In questo periodo i visitatori sono stati più turisti o più cittadini della zona?
F.: D'estate il flusso dei turisti è forte, tanto che il museo offre sempre materiale in lingua tedesca e inglese. Nelle mostre invernali la provenienza dei visitatori si racchiude in un cerchio compreso tra il lago Maggiore, la provincia di Varese e il Canton Ticino. In ogni caso, è maggiore la provenienza da fuori rispetto ai cittadini della zona.
M.: Ci parli dei progetti futuri del Museo (mostre e iniziative).
F.: La prossima mostra sarà dedicata al professionista che nel 1977 ha disegnato il museo, una delle principali figure dell'architettura moderna in Italia: Maurizio Sacripanti. E anticipiamo qui che sarà l'occasione per collaborazioni di alto profilo con istituzioni culturali di Roma, da dove proveniva l'architetto. In futuro crediamo in progetti che siano in grado di restituire al museo, come contenuto e come contenitore, il prestigio che merita.
M.: Ha realizzato delle ricerche personali sulla zecca di Maccagno?
F.: La zecca di Maccagno è stata oggetto di studi approfonditi da parte di Luca Gianazza, che ha collaborato attivamente alla mostra. Inoltre, ci si è avvalsi delle ricerche condotte per una precedente mostra del 2003 da Carlo Alessandro Pisoni.
M.: Come i Mandelli sono riusciti a ottenere la regalia di stampare monete, nonostante la leggenda dell’imperatore salvata dalla tempesta a questo punto sia da considerare solo un mito?
F.: Domanda difficilissima e molto tecnica. Ed è uno dei ragionamenti messi a fuoco in questa mostra. Il tutto nasce nel 1536, quando i Mandelli riescono a ottenere da Carlo V il diritto di tenere mercato (prima, dunque, di Luino!). L'imperatore in quell'occasione rinnova anche i diritti sul feudo senza una verifica accurata dei privilegi presentati dai Mandelli. Data la buona e forse inaspettata riuscita dell'operazione, la famiglia decide di riorganizzare le carte nella speranza di ambire a traguardi sempre più alti. Anche a costo di produrre falsi privilegi e a far scivolare nella leggenda l'origine del dominio su Maccagno. La strada imboccata era giusta perché nel 1622, oltre al diritto di conio, Giacomo III Mandelli ottiene anche il titolo di conte del Sacro Romano Impero.
M.: Come era possibile che una zecca legale coniasse monete di peso e lega non conformi alla normativa, senza incorrere in pesanti sanzioni?
F.: Era una prassi consolidata che consentiva alle zecche minori di sopravvivere anche in virtù della distanza e del mancato controllo dell'autorità Imperiale e, nel caso specifico di Maccagno, dalla distanza dei mercati sulle quali venivano messi in circolazione i falsi: tra Coira e i Paesi Bassi.
Mario Giulio Facchetti (3^A)