Il 21 marzo è una data importante e Padova lo sa bene e lo
sanno bene anche gli oltre 50.000 ragazzi e ragazze che sono scesi in strada
per ricordare, insieme a Libera, le vittime innocenti della mafia.
Durante la marcia ci sono stati degli attimi di silenzio
spesso interrotti da canzoni (la celebre “100 passi”) o da slogan. Padova oltre
a noi era vuota, forse perché chi non manifestava pensava fosse un giorno come
un altro, quindi si è presentato a scuola o al lavoro come se niente fosse,
oppure perché ha preferito ricordare in silenzio.
Il discorso di don Ciotti è stato commovente; una delle frasi che personalmente mi ha colpito di più è stata "Ragazzi, non temete di essere fragili", ed effettivamente secondo me è una delle nostre più grandi paure, quelle di mostrare quanto, in tutta la nostra "grandezza", possiamo essere fragili, quanto questo può essere considerato deleterio per l'immagine che ci creiamo.
La mia classe ha preso parte, insieme alla 3^B, alla
manifestazione, portando cartelloni e striscioni in memoria di alcuni fra i 900
nomi delle vittime, che sono stati poi letti uno ad uno nella piazza dove il
corteo è finito.
Il culmine della manifestazione non è stato tanto il corteo,
quanto il discorso di don Ciotti, il presidente di Libera
Lì mi sono resa conto di quante persone ci fossero: eravamo
tantissimi, la piazza era completamente piena di persone di tutte le età, ma
soprattutto giovani.
Pare che sia per questo che Don Ciotti abbia scelto
Padova, perché è una città con molti studenti.
Questa manifestazione ha avuto il suo fulcro a
Padova, ma anche in molte altre città si è manifestato, città come Palermo,
Napoli, che sono scese in strada per ricordare le vittime.
Don Ciotti poi fa un appello sempre rivolto a noi giovani, quello di non temere di alzare la voce quando tutto intorno a noi si chiude in un silenzio di fronte alle ingiustizie; chiede di non rimanere indifferenti e si appella proprio a noi perché non siamo "induriti dall'egoismo" nè tanto meno siamo assetati di potere: siamo noi, che siamo sensibili ai sogni, siamo noi l'unica speranza e ora vorrei chiedere a tutti voi una cosa: è più comoda l'indifferenza? Sarebbe meglio tacere? Semplicemente accettare tutto quello che accade intorno a noi con muta accondiscendenza?
Oppure alzarsi, mettersi in gioco e non accettare nulla che non sia la giustizia e il bene?
Irene Brioschi, 3BL