Ciao Liliana, adesso guardaci tu dal cielo!

Per ricordare la nostra Professoressa Liliana Testoni, vi riproponiamo l'intervista che una sua alunna, Alessia Giuliani, le fece il 26 gennaio 2016 in occasione della pubblicazione del suo romanzo "Sotto il noce" e che venne postata sul nostro giornalino il 16 marzo dello stesso anno.

Nell'ora di italiano il giorno 26/01/2016 nella classe 3^U, la professoressa e scrittrice Liliana Testoni, nata nel 1975 e residente a Lavena Ponte Tresa, ha risposto a varie domande inerenti i suoi testi delle sue alunne.

Alessia: Per quali motivi ha deciso di iniziare a scrivere? Ci sono esperienze nella sua vita che l'hanno indotta a farlo?
Liliana: «Ho deciso di iniziare a scrivere quando avevo 12 /13 anni, per essere diversa dagli altri: c'era chi adorava leggere, chi amava truccarsi, chi aveva altre passioni; io invece mi sono affezionata alla scrittura. Inizialmente venivo presa in giro per questa mia passione. Ho però iniziato il liceo ed ho conosciuto il mio professore di italiano, che nell'ora di antologia ci faceva scrivere molti testi. Io a casa, oltre ai compiti, scrivevo storie che trattavano amori burrascosi, uno dei due protagonisti alla fine moriva sempre; il mio obiettivo era quello di fargli correggere i miei testi. Il mio prof non apprezzava come scrivevo, diceva che ero prolissa, così iniziò a seguirmi e anche i miei compagni di classe videro che ci tenevo veramente. Al quarto anno, ci fu il bando di Piero Chiara Giovani e decisi di parteciparvi. Scrissi un racconto fantastico, lo feci leggere al mio professore che mi disse di riscriverlo, ma non lo ascoltai. Vinsi il terzo posto a 18 anni e fu una vera soddisfazione. Negli anni successivi frequentai l'università e una scuola per imparare le tecniche della narrazione. Attualmente sto lavorando ad un romanzo da ben quattro anni e non è ancora finito.»

A: Dove trova l'ispirazione?
L: «Mi ispiro principalmente a fatti verosimili successi a me o ad altre persone che ho conosciuto.»

A: Ha mai scritto dei monologhi?
L: «Sì, in giovinezza mi ero innamorata di un mio amico che era un attore di teatro, così decisi di scrivere un monologo dal titolo "Monocolo", uno strumento simile al binocolo con una sola lente. Il protagonista si chiama Serafino, proprietario del monocolo. Il testo narra della sua storia e della sua amata Ginevra, che venne punta da un'ape e morì per shock anafilattico.»

A: La sua famiglia ha mai letto i suoi scritti?
L: «No, ho dedicato due testi uno a mia nonna e uno a mio padre, ma né loro né mia madre né mia sorella hanno mai letto i miei racconti."»

A: Come sono i finali dei suoi libri e qual è lo stile che utilizza?
L: «Utilizzo finali aperti. Secondo me il lettore si deve portare a casa la propria interpretazione. Scrivo molto utilizzando il dialogo che è più immediato, come faceva Terenzio. Il lettore deve capire da solo chi sta parlando dal modo in cui egli si espone.»

A: Ha mai avuto il blocco dello scrittore?
L: «Sì, in questi anni sto scrivendo un romanzo intitolato "Effetto sogno", è autobiografico, perciò per me è molto difficile continuarlo.»

A: "Sotto il noce" è una storia vera?
L: «E' una storia semi vera. Ho conosciuto un sacerdote di nome don Gabriele, egli mi ha battezzata, ma si è dimenticato di registrare l'atto. Ha poi smesso di fare il prete, si è sposato e ha iniziato a lavorare in un ospedale. Da lui ho preso ispirazione per il mio racconto. Inizialmente la mia storia si intitolava "Maschera" e padre Gabriele faceva sesso con una donna malgiudicata, così però il contenuto sembrava troppo superficiale e quindi l'ho riscritto due volte. Il titolo "Maschera" si lega all'idea di Pirandello, perché i personaggi vivono con una maschera che copre il loro essere.»

A:  Perché nel testo "Sotto il noce" la protagonista si chiama Serena?
L: «Si chiama Serena perché deve rappresentare una ragazza pulita e limpida; Don Gabriele ricorda l'arcangelo che però in questo caso non porta l'annuncio, ma lo riceve.»

A: Qual è il significato che voleva trasmettere ai lettori di "Sotto il noce"?
L:"Il significato è che c'è sempre una seconda possibilità, tutto è in movimento!»

A: Ci ha detto che ha scritto un testo su suo padre; nella realtà com'era?
L: «Mio padre aveva gli occhi verdi e i baffi, per questo lo chiamavano D'Artagnan. Era un uomo ironico e nel mio racconto evidenzio che: "gli occhi sono lo specchio dell'anima ma le mani molto di più."»

A:  Lei come riconosce un bravo scrittore?
L: «Secondo me un bravo scrittore è colui che conosce i diversi registri linguistici e che, appena un lettore inizia a leggere uno dei suoi testi, lo riconosce subito.»

A: Come sono i suoi personaggi?
L: «I miei personaggi sono strani, tutti con diversi problemi, ma alla fine anche nella realtà siamo tutti problematici. E dietro la nostra persona, ognuno di noi ha un personaggio.»

Alessia Giuliani (3U)