Non solo "femminicidio", ma "omicidio"

Approfittando della giornata del 25 novembre, ho pensato di scrivere questo articolo per condividere la mia modesta opinione sul femminicidio.
Qualche settimana fa mi è capitato di vedere un programma su Rai 2, “Amore criminale”, che racconta appunto storie di femminicidio. Mi sono soffermato sul canale perché ho intravisto una faccia nota, il nonno di un’amica di mia sorella, quindi mi sono incuriosito. La storia di quella sera parlava di un omicidio avvenuto a Mombello, a poche centinaia di metri da casa mia. Era la metà di luglio del 2016 e ricordo che qualche giorno dopo ero passato davanti al luogo del delitto per rientrare a casa, ma sapevo poco di quel fatto e delle sue cause. Quello che mi è stato raccontato da amici, parenti e conoscenti però non è stato del tutto uguale a quanto raccontava la televisione. Conoscevo molto poco l’assassino e marito della donna, ma so che era una brava persona, mentre lei era, a detta di tanti, molto autoritaria. La televisione ha passato, non so se volontariamente, un messaggio opposto, ha fatto sembrare lui un bugiardo e lei una sottomessa. Da quel che so, lei aveva quasi portato lui alla pazzia. Secondo la Rai, lei è stata una vittima innocente, senza alcuna colpa nella degenerazione del loro rapporto. Non mi schiero assolutamente dalla parte dell’assassino, un omicidio è sempre un omicidio e come tale va condannato sempre. L’unica cosa che non capisco è perché debba esserci questa volontà di distinguere il sesso della vittima, dando un nome diverso all’omicidio di una donna rispetto a quello di un uomo, dato che si parla sempre di una persona.

Federico Grilli 5^A