CARO PROFESSORE....

Caro professore,

oggi ricomincia un altro anno della mia vita: non che l’avessi messa in pausa durante l’estate, anzi, durante questo periodo ho cercato di assaporarla ancora di più, ma un po’ fuori dalle righe, a volte senza dormire, altre fermandomi semplicemente sulla spiaggia con i piedi che si muovevano leggeri fra i granelli del bagnasciuga, fissando il cielo tinto di rosso, giallo, arancione, con il rosa che si fondeva nelle gocce del mare, e quella sensazione di immensità che ti sapeva rapire l’anima.

Oggi rimetto un piede un po’ cambiato rispetto all’anno precedente. Lo so magari non se ne accorgerà, ma la prego, si fermi a guardare la luce che risplende nei miei occhi: sa, brillano di sogni, di desideri, di voglia di conoscere.

La prego li osservi, è lei che li terrà in vita, è lei che ogni giorno se ne prenderà cura.

Desidero così tanto capire, comprendere anche le cose più piccole, lasciarmi innamorare dalle parole che escono dalla sua bocca. Non dia nulla per scontato, per me nulla è scontato. Ma piuttosto si fermi ogni tanto durante l’appello e guardi quei nomi. So che queste cose le tolgono tempo alla lezione, ma ogni volta che lei pronuncia il mio cognome su quell’elenco, guardandomi negli occhi, io non mi sento un numero, io non mi sento uno dei tanti…

Ognuno di quei nomi ha una storia iniziata e da realizzare: lei ne sarà un tratto. Lei ne può disegnare alcuni contorni, alcune rughe. Lei può insegnarmi a guardare il mondo in maniera un po’ meno superficiale. Lei può insegnarmi a credere nei sogni.

E lo so, a volte sono pesante, a volte entro in classe e ho il cuore un po’ pesante da tutto quello che succede fuori da queste mura; ma penso che succeda anche a lei, solo che lei me lo nasconde molto meglio. Ecco, io le chiedo in quei giorni di non abbattermi, ma anzi di mostrarmi che appassionandomi, credendoci, uno cammina nella vita.

La prego, si fermi, mi racconti qualcosa di lei, mi bastano pochi minuti, non le voglio certo togliere tempo alla spiegazione, ma mi dimostri che svegliarmi tutte le mattine per venire qui, ne vale la pena, mi dimostri, soprattutto con l’esempio della sua vita, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la sua.

Mi dimostri con i suoi occhi che brillano, la mattina, ancora stropicciati dal sonno (sa, io li guardo tantissimo) che essere qui merita, che spendere la mia vita qui, faticare, dormire poco, stare in questa classe, ascoltarla, è la cosa giusta, che è qui che io posso imparare ad innamorarmi del mondo e della vita.

Io la prego, creda in quello che mi dice, mi sorprenda, mi incuriosisca, se lei per primo ci crede, quei suoi occhi non potranno fare altro che illuminarsi, e io allora, sì, saprò quale strada percorrere.

Caro professore, le lascio questa frase per vivere con me quest’anno scolastico, me l’ha sussurrata un giorno all’orecchio un amico e io ora la sussurro a lei: i sogni, quelli veri nella vita, sono quelli che riempiono di senso e di gioia anche la nostra quotidianità.

Ecco: lei, professore, è un mio sogno.

Firmato: il suo studente

(Isabella Parodi, 4D)