Giovanni Impastato, ospite speciale a “Fuori Chi Legge”

Nelle giornate tra l’1 ed il 2 giugno, presso il Palazzo del Municipio di Besozzo si é svolta la sesta edizione di “Fuori Chi Legge”, una manifestazione sul piacere della lettura e della cultura, gestita dal Sistema Bibliotecario dei Laghi e dal Comune di Besozzo con la collaborazione della Provincia di Varese e di alcune cooperative come la “Cooperativa lotta contro l'emarginazione"

Fra i tanti ospiti che hanno preso parte a questo evento, uno fra questi é stato Giovanni Impastato, scrittore e fratello minore di Giuseppe “Peppino" Impastato, vittima della mafia morto nel 1978; la conferenza é stata moderata da Gianceleste Pedone, ex-assessore alla cultura di Besozzo.

Giovanni Impastato ha presentato il suo libro “Oltre i cento passi”, per lanciare un messaggio .

La conferenza si è aperta con una fulminea domanda del moderatore in riferimento al film di Marco Tullio Giordani, “I Cento Passi”: «Il film in qualche modo ci propone Peppino come un idolo, un eroe...ma a chi è stato davvero Peppino?»


Impastato:« Dietro a Peppino? C’è stato un po’ di tutto. Siamo cresciuti in un ambiente mafioso, mio zio Cesare ( fa riferimento a Cesare Manzelli, mafioso, morto nell’aprile 1963 in seguito all’esplosione di un ordigno) era sposato con una sorella di nostro padre ed era un capo mafia. Dopo la sua morte, tutto crolla: i punti di riferimento che avevamo si rivelano essere proprio come lui, dei mafiosi; Peppino rimane molto toccato dalla morte di Cesare a tal punto da dire: “Se questa é mafia, io per tutta la vita mi batteró contro” e così nacque il Peppino Impastato che conosciamo tutti noi.

Mio fratello era un amante della natura, oltre ad essere marxista; intraprese molte battaglie in difesa del territorio oltre che quelle contro il razzismo ed il fascismo; queste sue lotte lo portarono ad aprire Radio Aut la quale, con una dissacrante ironia, smitizzava i mafiosi e li ridicolizzava.

Non ho nulla contro il film di Giordani, ma rende Peppino irraggiungibile, un idolo, lo rende un eroe giovane e bello, cosa che non era: Peppino deve essere un punto di riferimento raggiungibile.»

Dopo un lungo dibattito sulla legalità, dal pubblico è giunta una domanda molto profonda: un ragazzo di circa vent'anni ha chiesto ad Impastato come ha vissuto il post-mortem del fratello e se in qualche modo porta del “rancore” nei suoi confronti e soprattutto se sente la mancanza di Peppino, di tanto in tanto.

Impastato:«Non sono mai stato tranquillo, dopo la sua morte c’è stato come un “passaggio del testimone”.Durante i funerali di mio padre, venne a farci le condoglianze un gruppo di mafiosi. Peppino non strinse quelle mani e non accettò le condoglianze; io accettai le condoglianze, un po’ me ne vergogno, ma non mi sento irresponsabile della sua morte, so che non avrei dovuto stringere quelle mani. La verità è che noi avremmo dovuto spezzare quel filo sottile che ancora ci legava a loro, quando Peppino muore questa verità si concretizza. Quando mi fanno queste domande è come se Peppino fosse ancora vivo»

Per ultimo Giovanni lancia un messaggio ai giovani:
“I ragazzi devono studiare, informarsi, scontrarsi e riappacificarsi, la mafia è un problema culturale ed é difficile da sradicare, bisogna iniziare da noi stessi”

Irene Brioschi, 2BL