Lezioni di traduzione

C’è chi parte da una piccola cittadina di provincia per arrivare lontano. Di solito, sembra accadere ad uno su un milione: i giornali ci insegnano che le persone celebri sono, il più delle volte, aiutate anche dal luogo in cui nascono e vivono.
In realtà, succede anche a gente di cui non si sente mai parlare; persone che, nel loro silenzio e nella loro apparente invisibilità, riescono a costruire una carriera, passo dopo passo.
È il caso, questo, di molti traduttori.
Essere un traduttore letterario non concede una fama internazionale: si resta perlopiù nell’ombra, nonostante il gravoso compito.
Questo è uno dei tanti insegnamenti desunti dall’esperienza di Silvia Pareschi, traduttrice che – un paio di settimane fa – ha visitato il nostro liceo per tenere un’assemblea dinnanzi alle quinte linguistico.
Silvia è nata qui vicino, a Laveno, ma al momento fa la spola tra l’Italia e San Francisco, dove vive e lavora come traduttrice letteraria e – adesso – anche come scrittrice. Il suo è un lavoro difficile; un lavoro che non viene spesso riconosciuto a grandi livelli, sebbene il traduttore sia un personaggio che ricopre una carica molto importante, all’interno di una casa editrice.
Nel corso dell’incontro, Silvia ci ha spiegato i tratti essenziali del suo mestiere, raccontandoci la sua esperienza, da quando si è laureata in lingue, fino a quando non è entrata in contatto con l’editor dell’Einaudi che le ha proposto una collaborazione. Dopo anni, Silvia lavora non solo con questa casa editrice, ma anche con altre di spicco nel nostro paese, per esempio la Mondadori, traducendo libri dall’inglese all’italiano. Alcuni dei titoli da lei tradotti sono, oltretutto, romanzi che hanno avuto diversi riconoscimenti, per esempio Le correzioni di Jonathan Franzen.
Tradurre un intero libro – ci ha raccontato – è come entrare in un altro mondo; pian piano, si impara a conoscere l’autore attraverso le parole che ha scritto, ed è come calarsi in una realtà parallela. Può sembrare una cosa immediata e facile, ma in realtà è complesso: tradurre da una lingua all’altra significa, innanzitutto, doversi appropriare di un’altra cultura e quindi anche conoscere modi di dire, espressioni locali e diventare un po’ dei “tuttologi”. Ci vuole, a volte, anche una grande creatività, in particolare quando bisogna tradurre termini che non esistono nella nostra lingua.
L’incontro con Silvia Pareschi è stato fondamentale, soprattutto se teniamo conto di quale periodo stiamo attraversando: la quinta è l’ultimo anno, quello delle scelte, dei saluti, in cui ci viene chiesto di crescere tanto in poco tempo. È il momento dei bilanci, in cui bisogna capire qual è la propria strada e non tutti hanno le idee chiare. Le parole di Silvia, però, ci hanno trasmesso anche un’altra cosa molto importante: non bisogna mai rinunciare ai propri sogni, nemmeno se la fiammella del desiderio si è affievolita nel tempo. Può capitare che un’occasione capiti al momento propizio, e sta a noi prenderla al volo, e realizzare quello che vogliamo.

Paola Perdoncin (5AL)