Il 24 novembre 2025, la classe 3A Lav ha avuto l’opportunità di incontrare dei volontari di Emergency. L’incontro si è concentrato sulla campagna R1PUD1A, lanciata da Emergency per promuovere una cultura di pace e il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione italiana, che vieta la guerra e la ripudia come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Emergency, un’organizzazione umanitaria italiana fondata nel 1994 da Gino Strada, offre cure mediche di alta qualità, forma il personale locale, costruisce strutture medico-sanitarie e si impegna a promuovere la pace. Gino Strada, un medico chirurgo, ha fondato Emergency insieme alla moglie, Teresa Sarti, per fornire cure medico-chirurgiche gratuite a chi ne ha bisogno o non può permettersele.
Oggi, Emergency opera in 21 paesi diversi, dove ha curato 13 milioni di persone, tra bambini, uomini e donne. Gino si è specializzato in America, laureandosi in cardiochirurgia. Ha lavorato in Afghanistan -una delle esperienze che l’ha segnato, e uno dei motivi per cui ha creato Emergency- dove ha aperto ospedali di chirurgia di guerra e curato gratuitamente migliaia di civili, denunciando le devastanti conseguenze dei conflitti. La sua esperienza in Afghanistan è diventata un simbolo del suo impegno per il diritto universale alla cura.
Dopo questa introduzione, i due volontari ci hanno posto tre domande stimolanti, che riportiamo di seguito:
- Quali guerre conosci?
- È possibile che una guerra sia giusta? Che cosa si intende per “guerra umanitaria”?
- Quali decisioni dovrebbero essere prese per creare un mondo più equo e giusto?
Le risposte ricevute hanno sottolineato che le guerre di cui siamo a conoscenza sono in realtà solo una piccola parte rispetto ai conflitti esistenti. Attualmente si contano più di cinquanta conflitti attivi, ma l’opinione pubblica conosce soprattutto quelli riportati dai telegiornali, come il conflitto israelo-palestinese e quello russo-ucraino.
Prima di affrontare la seconda domanda, ci è stata chiesta la differenza tra conflitto e guerra. La distinzione principale sta nel fatto che una guerra prevede una dichiarazione, nella quale vengono stabilite regole da rispettare. Ad esempio, il 22 maggio 1915 a Vienna fu firmata una dichiarazione che fissava alcuni diritti da rispettare durante la Prima guerra mondiale, come il divieto di torturare i prigionieri, di usare la fame come strumento di tortura e di bombardare gli ospedali.
In realtà non esistono guerre “giuste”: esse possono apparire tali non a chi le subisce, ma a chi le organizza. Si parla di “guerra umanitaria” quando un Paese o un’alleanza militare attacca un altro Stato non per conquistarlo, ma con la motivazione ufficiale di fermare massacri, genocidi o gravi violazioni dei diritti umani.
Per costruire un mondo più equo e giusto sarebbe necessario garantire cure gratuite per tutti, rifiutare la guerra, promuovere la pace e fondare la convivenza sull’uguaglianza dei diritti umani.
Nell’ immediato dopoguerra più precisamente nel 1948 ,a Parigi, venne approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo. Essa proclama diritti fondamentali e inalienabili, pensati per prevenire il ripetersi delle violenze e delle atrocità che avevano segnato il conflitto globale. Tuttavia a oggi si registrano circa cinquanta conflitti armati attivi nel mondo, molti dei quali caratterizzati da gravi violazioni dei diritti umani, della protezione dei civili e delle norme del diritto internazionale umanitario.
In situazioni come queste si parla spesso di crisi umanitaria. Una crisi umanitaria si verifica quando una popolazione non riesce più a soddisfare i bisogni essenziali per vivere: mancano cibo, acqua potabile, cure mediche, un posto sicuro dove stare, servizi igienici e protezione. Le persone coinvolte rischiano la vita e non hanno più la possibilità di provvedere a sé stesse.
Per limitare le sofferenze nei conflitti armati esistono le Convenzioni di Ginevra (1949), un insieme di accordi internazionali che stabiliscono regole da rispettare durante la guerra. Queste convenzioni proteggono i civili, i feriti, i prigionieri e il personale sanitario, vietano torture e trattamenti disumani e impediscono attacchi indiscriminati contro la popolazione. In altre parole, definisce ciò che si può e non si può fare durante un conflitto, con l’obiettivo di ridurre il più possibile la sofferenza umana.
Negli ultimi anni i conflitti armati hanno causato effetti sempre più gravi sulla popolazione civile. Molti stati (tra cui Russia, Israele e Stati Uniti) utilizzano armi vietate dalla convenzione come mine antiuomo , bombe a grappolo o anche bombe al fosforo. In più prendono di mire scuole, ospedali e altre infrastrutture civili e talvolta direttamente i civili e il personale medico.
La situazione proprio nella Striscia di Gaza è uno degli esempi più drammatici di crisi umanitaria attuale. In pochi mesi:
più di 70.000 persone hanno perso la vita;
il 90% delle abitazioni è stato distrutto;
1.400.000 sfollati vivono in un’area molto piccola (circa 40 km quadrati), per farvi capire è come se Lodi dovesse contenere tutti gli abitanti di Milano.
mancano acqua potabile, elettricità, carburante e medicinali.
Molti ospedali sono stati colpiti e il personale medico lavora in condizioni estreme, con poche risorse e rischiando la propria vita. La speranza di vita, che prima del conflitto era di circa 70 anni, è oggi scesa intorno ai 40 anni. Israele ha anche tracciato una Linea Gialla che diminuisce ulteriormente il territorio della striscia. Tutto ciò risponde pienamente alla definizione di crisi umanitaria grave e prolungata. Emergency a Gaza ha costruito due cliniche nel distretto di Khan Younis e all’ inizio del conflitto (che sarebbe più corretto chiamare genocidio) lavorava anche nel Nasser Hospital prima che venisse bombardato dall’ IDF. Oltre a ciò Emergency con la sua Nave Life Support diede supporto e aiuti alla Global Sumud Flotilla aiutando molto la buona riuscita di questo atto.
Per tenervi aggiornati sulla situazione a Gaza con anche report e video dei volontari emergency visitate questo sito :
https://www.emergency.it/blog/dai-progetti/la-situazione-a-gaza-gli-aggiornamenti-di-emergency/
Anche nel Donbass, prima ancora dell’escalation del 2022, la popolazione viveva una situazione molto difficile. I medici di base erano pochi, perché molti erano scappati o erano stati arruolati. A questo si aggiunge la presenza di centinaia di migliaia di mine sparse su circa 139.000 km quadrati, che rendono pericolosi sia gli spostamenti quotidiani sia le attività agricole. Le mine continuano a uccidere e mutilare anche quando i combattimenti si fermano.
Il Sudan sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie del mondo: 15 milioni di sfollati interni e 5 milioni di persone costrette a lasciare il Paese.
Molti scappano non solo dai combattimenti, ma anche dalla fame, dalla mancanza di acqua e dal crollo dei servizi essenziali. Il Sudan ospitava già rifugiati provenienti da altri Paesi in guerra, e ora si trova a dover affrontare un’emergenza ancora più grande.
In Afghanistan la guerra ha lasciato un’eredità devastante: 14 milioni di mine antiuomo ancora presenti sul territorio. Queste mine colpiscono soprattutto i bambini, che spesso scambiano gli ordigni per giocattoli. Un paziente su cinque ferito da una mina è infatti un bambino sotto i 14 anni. Questo dimostra come la guerra continui a fare vittime anche molti anni dopo la fine dei combattimenti. I tentativi di riportare la pace sono stati tanti tra chi ha tentato di fermare l’ operazione illegale in corso abbiamo i Caschi Blu forze di peacekeeping dell’ONU, composte da militari, poliziotti e operatori civili provenienti da diversi Paesi. Operano per proteggere i civili e sostenere la pace, seguendo tre principi fondamentali: consenso delle parti in conflitto, imparzialità e uso della forza solo per autodifesa o per difendere i civili.
Se andiamo ad analizzare i conflitti del Novecento e quelli attuali si nota un cambiamento molto significativo
Prima guerra mondiale: vittime civili molto poche circa il 14%.
Seconda guerra mondiale: circa il 50% delle vittime erano civili.
Oggi: fino al 93% delle vittime sono civili, di cui il 34% bambini.
La guerra moderna si svolge spesso nei centri abitati, dove vivono milioni di persone. Per questo, quando esplode un conflitto, la popolazione civile è la prima a pagare il prezzo più
alto. Ma sapete chi non muore quasi mai in guerra? Quelli che la dichiarano.
Le guerre non causano solo distruzione: muovono enormi quantità di denaro. Le spese militari mondiali superano i 2.700 miliardi di dollari all’anno, mentre i fondi dedicati alla cooperazione internazionale e agli aiuti umanitari sono molto più bassi.
Alcuni esempi mostrano questa sproporzione:
il costo di un solo sottomarino nucleare potrebbe comprare 9.000 ambulanze;
un caccia F-35 costa quanto 10.000 posti di terapia intensiva;
un casco militare può arrivare a 500.000 dollari.
L’industria bellica è una delle più redditizie al mondo, mentre i bisogni delle popolazioni colpite dai conflitti rimangono spesso ignorati. Questo “ignorare” è anche testimoniato, come mostrato dai volontari Emergency, dalle ricerche Google (quantificate attraverso Google Trends, sito che permette di visualizzare il numero di specifiche ricerche nel tempo anche con grafici).
Come si può vedere dai grafici, Sudan e Afghanistan tendono a rimanere bassi, al di fuori dell’informazione mainstream, l’Ucraina, se non per uno o due picchi, tende a rimanere pressoché costante, indicando un interesse mediatico invariato nel tempo, mentre la Palestina, se generalmente è bassa o media, mostra un picco tra settembre e ottobre, mesi corrispondenti agli eventi della Global Sumud Flotilla: dunque, no, la Flotilla non era inutile, non era un’impresa fatta per niente, ha riportato l’interesse mediatico su un popolo senza voce, rompendo il muro dell’indifferenza e generando numerose manifestazioni e scioperi in tutta Italia.
L’indifferenza è un’arma potente degli oppressori, citando Antonio Gramsci, fondatore del PCI, che nel testo “Odio gli indifferenti” scrisse: “Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. […] L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costrutti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza.” L’indifferenza non è innocenza, non è semplice assenteismo per “sano disinteresse”: l’indifferenza di fronte a questi avvenimenti è disumanità, parteggia per l’oppressore, non per l’oppresso.
Questo incontro è servito a noi ragazzi a stimolarci in dibattito e a farci capire la realtà dei nostri giorni. Ci è piaciuto soprattutto il modo in cui hanno raccontato il loro lavoro sul campo, con passione e concretezza, facendo emergere l’importanza di ogni progetto e di ogni piccolo contributo. Ci ha colpito la dedizione verso le persone in difficoltà e l’attenzione ai dettagli che rendono possibile un intervento efficace e umano. È stato un incontro che ha fatto riflettere sul valore dell’impegno sociale e sull’impatto positivo che ognuno di noi può avere mettendoci il proprio.
Ibro Brajan
Elhadad Asser
Bregani Anna
Picheca Alice
Parissenti Jacopo

